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Santi del 18 Ottobre

Il mio Santo > I Santi di Ottobre

*Beato Alfredo Almunia López–Teruel - Sacerdote e Martire (18 ottobre)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri Spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Mojácar, Spagna, 21 maggio 1859 – Antas, Spagna, 18 ottobre 1936
Alfredo Almunia López-Teruel nacque a Mojácar, in provincia e diocesi di Almería, il 21 maggio 1859. Fu ordinato sacerdote nel 1884.
Era parroco della parrocchia di Vera quando morì in odio alla fede cattolica il 18 ottobre 1936, lungo la strada di Lubrín, vicino a La Ballabona, in provincia di Almería.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, del quale fa parte anche suo fratello don José, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Alfredo Almunia López–Teruel, pregate per noi.

*Sant'Amabile di Rium (18 ottobre)

Sant'Amabile di Rium,Martirologio Romano: A Riom in Aquitania, ora in Francia, Sant’Amabile, sacerdote.
San Gregorio di Tours (De gloria confessorum, in Migne, LXXI, coll. 852-53) ci informa che «fuit etiam in supradicta Arverna urbe admirabilis sanctitatis Amabius quidam, vici Ricomagensis presbiter, qui virtutibus magnis praecellens, saepe serpentibus dicitur imperasse».
Narra poi alcuni miracoli operati da Amabile, da uno dei quali si ricava che egli visse prima del 485.
Oltre che a Riom, di cui fu tra i primi pastori, la sua festa fu celebrata l'11 giugno o il 18 o 19 ottobre in tutta la diocesi di Clermont-Ferrand e, fuori di questa, a Ulzio, nella valle di Susa.
Il suo corpo, in un anno non determinabile, dopo il sec. X, fu trasportato da Clermont a Riom, dove si trova ancora oggi.
(Autore: Pietro Burchi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Amabile di Rium, pregate per noi.

*Sant'Asclepiade - Vescovo (18 ottobre)

Martirologio Romano: Ad Antiochia in Siria, Sant’Asclepiade, vescovo, che fu del novero degli insigni confessori della fede al tempo della persecuzione.
Notizie intorno ad Asclepiade si leggono nella Cronaca di san Gerolamo e nella Historia Ecclesiastica di Eusebio.
Secondo la prima fonte Asclepiade succedette a Serapione, ottavo vescovo di Antiochia (in Siria) nel 211 o 212 e morì nel 218.
Eusebio riferisce, inoltre, una lettera di felicitazioni scritta da Alessandro, vescovo di Gerusalemme, alla Chiesa di Antiochia, per l'elezione di Asclepiade; sempre da Eusebio apprendiamo che ad Antiochia gli succedette Fileto. Adone introdusse il nome di Asclepiade (letto nella Historia Ecclesiastica tradotta da Rufino: «... apud Antiochiam vero defuncto Serapione episcopo, Asclepiades loci illius suscepit sedem, qui et unus ex praeclaro confessorum numero fuit») nel suo Martirologio: «... Asclepiade, qui unus fuit ex praeclaro confessorum numero qui sub Decio gloriose passi sunt...» (18 ottobre). Un editore di Usuardo, Sollerio, osservò che Adone probabilmente aveva confuso l'Asclepiade antiocheno, che morì molto tempo prima di Decio, con l'omonimo compagno di San Pionio, martirizzato, invece, sotto Decio. Baronio, riproducendo l'inserzione, sostituì Macrino all'imperatore Decio.
(Autore: Alfonso M. Raes – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Asclepiade, pregate per noi.

*San Giusto - Martire (18 ottobre)

Il compendio del Martirologio Geronimiano detto di Gellonne e un altro compendio dello stesso Martirologio, della fine dell'VIII sec. menzionano, al 18 ottobre, Iusti martyris.
Il Martirologio di Usuardo e il Martirologio Romano portano, al 18 ottobre, "in territorio Belvacensi, sancti Iusti martyris"; a Senlis (Oise) lo invocano le litanie di un Sacramentario del IX secolo.
Nell'866, l'abbazia di Saint-Ríquier ricevette "de corpusculo sancti Iusti os quoddain".
Il Martirologio auxerrese dell'XI secolo, che però tramanda tradizioni anteriori, riferisce che la testa di Giusto (rivendicato come figlio di Auxerre) venne riportata nella chiesa di St.-Amátre e quivi deposta. Il martire ha dato il suo nome al borgo di Saint-just-en-Chaussée (Oise, importante nodo stradale).
Il culto di Giusto si è sviluppato anche in paesi píú lontani; l'abbazia di Malmédy (Belgio) affermava che agli inizi del X secolo i suoi monaci avevano acquistato, a buon prezzo, il corpo del martire.
In Inghilterra: gli Annales monasterii de Wintonia riferiscono che nel 924 il re Athelstano donò al tesoro di Winchester la testa del martire.
Siccome, però, la tradizione di Auxerre appare anteriore, si può arguire che "o non si trattava della vera testa oppure che si trattava di un semplice frammento di essa". Nella prima metà dell'XI
secolo anche la diocesi di Coira (Svizzera) ricevette reliquie del giovane martire.
Esistono diverse redazioni della sua passio; il piú antico manoscritto oggi conosciuto risale al VIII secolo, e ciò farebbe supporre l'esistenza di un testo anteriore, del VII secolo.
A quell'epoca le tradizioni relative alla tomba di Giusto avrebbero preso forma di Atti, quali appaiono nella passio, e che rassomigliano molto a quelli di San Giustino di Parigi (l° agosto), cosa che ha provocato confusione nei Breviari.
Ecco l'essenziale della passio: Giusto, ancora fanciullo, fuggì da Amiens per sottrarsi al prefetto Riziovaro, persecutore dei cristiani (fine del III sec.), personaggio immaginario che si ritrova in molte passiones. Raggiunto dai soldati fu decapitato in un luogo detto Sinomovicus nel territorio di Beauvais, compiendo il prodigio della cefaloforia.
Sinomovicus sembra fosse situato all'incrocio di due importanti strade, Vermand-Beauvais e Amiens-Senlis; in seguito questo luogo avrebbe preso il nome di Saint-just-en-Chaussée.
(Autore: Paul Viard – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giusto, pregate per noi.

*Beato Domenico da Perpignano - Mercedario (18 ottobre)

Mercedario dell'isola di Maiorca (Spagna), nel convento del Santissimo Salvatore, il Beato Domenico da Perpignano con onore accettò la carica di redentore.
Inviato in terra d'Africa nella città di Tunisi liberò 153 schiavi dalle prigioni dei mussulmani.
Dopo una vita tutta dedita al Signore e con sante opere raggiunse la patria celeste.
L'Ordine lo festeggia il 18 ottobre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Domenico da Perpignano, pregate per noi.

*Santa Gwen - Regina (18 ottobre)

472 - 544 circa
Santa Gwen (Genuissa o Wenna in versone Cornish) era una regina britannica nata nel 472.  Era una delle tre figlie di lord Cynyr Ceinfarfog, sovrano di Dyfed che si era stabilito a Caer Goch nelle vicinanze di Mynyw, sorella di santa Non e zia di san David patrono del Galles.
Santa Gwen sposò Salom del Cerniw, ricordato come il capo supremo dei britanni che era il figlio più giovane di re Erbin della Dumnonia. Da questo matrimonio non sappiamo quanti figli nacquero, di sicuro San Cybi e forse Fracan e San Cadfan.
Su di lei sappiamo ben poco. Si ricorda solo che fondò la chiesa di Morval, presso Duloe, a Cerniw in Cornovaglia e che morì probabilmente nel 544.
Santa Gwen regina non va confusa con la sua omonima e contemporanea Santa Gwen di Tarlagh, anche se ha la sua festa nello stesso giorno, il 18 ottobre.

Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Santa Gwen, pregate per noi.

*Santa Gwen di Talgarth - Religiosa (18 ottobre)

463 (?) - 18 ottobre VI sec.
Santa Gwen, Wenna, Genuissa, Blanche o Candida, (le varianti citate del suo nome sono tutte traduzioni letterali) si presume sia nata nel 463 in seno a una famiglia nobile. Decise di diventare religiosa.
Fondò una chiesa a Talgarth, nel regno di suo padre, prima di unirsi ai suoi fratelli, fra cui san Nectan, nell'evangelizzazione del Cerniw settentrionale.
In quella zona fondò una chiesa in una comunità che prese il suo nome presso Bodmin e delle cappelle a St Kew e a Cheristow.
Venne uccisa il 18 ottobre, di anno ignoto, nel VI secolo, da alcuni pagani sassoni mentre tornava da una visita a Talgarth.
Alcune fonti affermano che fosse vedova, ma non citano il nome del marito.
Santa Wenna è commemorata e ricordata nel giorno 18 ottobre.

(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Santa Gwen di Talgarth, pregate per noi.

*Sant'Isacco Jogues - Sacerdote e Martire (18 ottobre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:

“Santi Martiri Canadesi (Giovanni de Brébeuf, Isacco Jogues e compagni) Martiri”
Orléans, Francia, 10 gennaio 1607 – Ossernenon, U.S.A., 18 octobre 1646
Nacque il 10 gennaio 1607 presso Orléans in Francia.
Entrò nella Società di Gesù nel 1624 e nel 1636, dopo aver ricevuto l'ordinazione presbiterale, fu inviato nel Nord America per evangelizzare le popolazioni indigene.
Si diresse verso i grandi laghi, dove visse per sei anni sempre esposto a vari pericoli. Nel 1642, Isaac Jogues, insieme al coadiutore Réne Goupil e una quarantina di Uroni, cadde in una imboscata tesa dagli Irochesi.
Furono tutti ferocemente torturati e mutilati.
Nella notte li misero a terra, nudi e incatenati, e versarono loro addosso carboni ardenti e ceneri.
Jogues fu trasferito ad Albany, dove dei mercanti calvinisti olandesi lo aiutarono a fuggire.
Rientrò in Francia. Ma nel 1644 ripartì missionario per il Canada.
Due anni dopo venne ucciso con un colpo alla nuca e decapitato.
Furono otto i martiri gesuiti in Nord America; tutti beatificati nel 1925 e canonizzati nel 1930 da Papa Pio XI. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel villaggio di Ossernenon in territorio canadese, passione di Sant’Isacco Jogues, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, ridotto in schiavitù da alcuni pagani e mutilato delle dita, morì poi con il capo fracassato da un colpo di scure. La sua memoria si celebra domani insieme a quella dei suoi compagni.
Isaac Jogues nacuqe il 10 gennaio 1607 presso Orléans in Francia. Entrò nella Società di Gesù nel 1624 e nel 1636, dopo aver ricevuto l’ordinazione presbiterale, fu inviato nella cosiddetta “Nouvelle-France”, nel Nord-America, per evangelizzare le popolazioni indigene.
Arrivò insieme con il governatore Montmagny. Con Padre Jean de Brébeuf si diresse verso i grandi laghi, ove visse per sei anni costantemente
esposto a vari pericoli. Con i confratelli Garnier, Petuns et Raymbault, si spinse in esplorazione sino a Sault Sainte-Marie.
Nel 1642, Padre Isaac Jogues intraprese un viaggio in canoa con il coadiutore Réne Goupil ed una quarantina di Uroni verso le missioni nelle terre di questo popolo, ma caddero in un imboscata tesa sul lago Saint-Pierre dagli Irochesi, acerrimi nemici degli Uroni.
Furono torturati ferocemente e mutilati, vedendosi strappare prima le loro unghie e poi anche le dita. Nella notte li posero sdraiati a terra, nudi ed incatenati, e versarono loro addosso carboni ardenti e ceneri.
Durante la prigionia il Goupil fu visto insegnare il segno della croce ad alcuni bambini ed allora venne ucciso con il tomahawk presso Ossenon il 29 Settembre 1642. Padre Jogues fu invece trasferito ad Albany, ove dei mercanti calvinisti olandesi lo aiutarono a fuggire.
Rientrato nel suo paese natale, fu accolto dalla madre del re Luigi XIV ed il pontefice Urbano VIII lo autorizzo eccezionalmente a celebrare l’Eucaristia, nonostante gli fossero state amputate tutte le dita. Richiese poi ed ottenne di poter ripartire missionario per il Canada: così avvenne nel 1644.
Due anni dopo, il 24 Settembre 1646 lasciò Trois-Rivieres con il cooperatore Jean de la Lande ed alcuni indiani diretti in Uronia in missione di pace.
Ad Ossenon, odierna Auriesville nello stato di New York,vennero però ricevuti con diffidenza dagli Irochesi, che reputavano la religione dei “Manti Neri” quale responsabile delle malattie che avevano decimato il loro villaggio.
Padre Isaac Jogues venne ucciso con un colpo alla nuca e decapitato il 18 Ottobre 1646 e Giovanni de la Lande subì la stessa sorte il giorno seguente.
La sua testa fu conficcata su una palizzata ed il suo corpo gettato nel fiume Mohawk.
Lo zelo e la forza d’animo dimostrati valsero ad Isacco Jogues il soprannome di “uccello da preda”. Nella sua preghiera egli era solito supplicare Dio di accordargli il favore di soffrire per la sua gloria.
Fatto prigioniero, rifiuta di scappare: torturato, evade per poter tornare alla missione, “la sua sposa di sangue”.
Furoni in tutto otto i martiri gesuiti che effusero con il loro sangue la terra nordamericana, beatificati nel 1925 e canonizzati nel 1930 da Papa Pio XI.
Mentre la commemorazione del singolo Sant’Isacco Jogues ricorre in data odierna nell’anniversario del suo martirio, la festa collettiva di questo gruppo di martiri è fissata dal calendario liturgico al 19 ottobre. Numerose parrocchie negli Stani Uniti ed in Canada sono intitolate a questo Santo, nonché le parrocchie di Asbestos e di Saint-Hubert in Québec.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Isacco Jogues, pregate per noi.

*Beato José Gómez de Haro - Sacerdote e Martire (18 ottobre)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Vera, Spagna, 31 agosto 1899 – Antas, Spagna, 18 ottobre 1936
José Gómez de Haro nacque a Vera, in provincia e diocesi di Almería, il 31 agosto 1899. Il 14 giugno 1924 fu ordinato sacerdote.
Era coadiutore della parrocchia di Vera quando morì in odio alla fede cattolica il 18 ottobre 1936, vicino a un ponte di Antas, in provincia di Almería.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato José Gómez de Haro, pregate per noi.

*San Luca - Evangelista (18 ottobre)

Antiochia di Siria - Roma (?) - Primo secolo dopo Cristo
Luca, evangelista e autore degli Atti degli Apostoli, è chiamato "lo scrittore della mansuetudine del Cristo".
Paolo lo chiama "caro medico", compagno dei suoi viaggi missionari, confortatore della sua prigionia.
Il suo vangelo, che pone in luce l'universalità della salvezza e la predilezione di Cristo verso i poveri, offre testimonianze originali come il vangelo dell'infanzia, le parabole della misericordia e annotazioni che ne riflettono la sensibilità verso i malati e i sofferenti.
Nel libro degli Atti delinea la figura ideale della Chiesa, perseverante nell'insegnamento degli Apostoli, nella comunione di carità, nella frazione del pane e nelle preghiere. (Mess. Rom.)
Patronato: Artisti, Pittori, Scultori, Medici, Chirurghi
Etimologia: Luca = nativo della Lucania, dal latino
Emblema: Bue
Martirologio Romano: Festa di San Luca, Evangelista, che, secondo la tradizione, nato ad Antiochia da famiglia pagana e medico di professione, si convertì alla fede in Cristo.
Divenuto compagno carissimo di San Paolo Apostolo, sistemò con cura nel Vangelo tutte le opere e gli insegnamenti di Gesù, divenendo scriba della mansuetudine di Cristo, e narrò negli Atti degli Apostoli gli inizi della vita della Chiesa fino al primo soggiorno di Paolo a Roma. Ma che c’entra Teofilo? E chi lo conosce? Da sempre ci pare un po’ abusivo questo personaggio ignoto, che vediamo
riverito e lodato all’inizio del Vangelo di Luca e dei suoi Atti degli Apostoli.
La risposta si trova nella formazione ellenistica dell’autore. Con la dedica fatta a Teofilo che doveva essere un cristiano eminente egli segue l’uso degli scrittori classici, che appunto erano soliti dedicare le loro opere a personaggi insigni.
Luca, infatti, ha studiato, è medico, e tra gli evangelisti è l’unico non ebreo. Forse viene da Antiochia di Siria (oggi Antakya, in Turchia).
Un convertito, un ex pagano, che Paolo di Tarso si associa nell’apostolato, chiamandolo "compagno di lavoro" (Filemone 24) e indicandolo nella Lettera ai Colossesi come "caro medico" (4,14).
Il medico segue Paolo dappertutto, anche in prigionia: due volte.
E la seconda, mentre in un duro carcere attende il supplizio, Paolo scrive a Timoteo che ormai tutti lo hanno abbandonato. Meno uno.
"Solo Luca è con me" (2Timoteo 4,11). E questa è l’ultima notizia certa dell’evangelista.
Luca scrive il suo vangelo per i cristiani venuti dal paganesimo.
Non ha mai visto Gesù, e si basa sui testimoni diretti, tra cui probabilmente alcune donne, fra le prime che risposero all’annuncio.
C’è un’ampia presenza femminile nel suo vangelo, cominciando naturalmente dalla Madre di Gesù: Luca è attento alle sue parole, ai suoi gesti, ai suoi silenzi.
Di Gesù egli sottolinea l’invitta misericordia, e quella forza che uscendo da lui "sanava tutti": Gesù medico universale, chino su tutte le sofferenze.
Gesù onnipotente e “mansueto” come lo credeva Dante nelle parole di Luca.
Gli Atti degli Apostoli raccontano il primo espandersi della Chiesa cristiana fuori di Palestina, con i problemi e i traumi di questa universalizzazione.
Nella seconda parte è dominante l’attività apostolica di Paolo, dall’Asia all’Europa; e qui Luca si mostra attraente narratore quando descrive il viaggio, la tempesta, il naufragio, le buone accoglienze e le persecuzioni, i tumulti e le dispute, gli arresti, dal porto di Cesarea Marittima fino a Roma e alle sue carceri.
Secondo un’antica leggenda, Luca sarebbe stato anche pittore e, in particolare, autore di numerosi ritratti della Madonna. Altre leggende dicono che, dopo la morte di Paolo, egli sarebbe andato a predicare fuori Roma; e si parla di molti luoghi. Di troppi.
In realtà, nulla sappiamo di lui dopo le parole di Paolo a Timoteo dal carcere.
Ma il vangelo di Luca continua a essere annunciato insieme a quelli di Matteo, Marco e Giovanni in tutto il mondo. E con esso anche gli Atti degli Apostoli.
Nella liturgia della Parola, durante la Messa e in tutte le lingue, Luca continua davvero a predicare; anche ai nostri giorni, incessantemente.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Luca, pregate per noi.

*Beata Margherita Tornielli - Clarissa (18 ottobre)
+ Novara, 1491

Margherita, nata a Novara, si consacrò al Signore nell’ordine delle clarisse presso il locale monastero delle Figlie di Santa Chiara.
Risplendette nella vita religiosa perla sua perfezione, meritandosi il titolo di Beata.
Era ricordata il 18 ottobre.
La Beata Margherita (o Margarita) Tornielli di Novara è una clarissa vissuta nel XV secolo.
Sappiamo solo che era di Novara, e che era entrata nel locale monastero di Santa Chiara. Il monastero era stato costruito verso il 1460 dalla beata Concordia Tornielli, sua sorella, che qui si ritirò con le sorelle Lucida e Margherita.
Il monastero dopo varie vicende, e dopo aver ospitato anche le monache di Sant'Agnese, subì la sorte di tanti altri conventi e venne soppresso nel 1810.
La memoria per Margarita Tornelli era ricordata con queste parole “risplendette in ogni genere di perfezione religiosa”. Il leggendario francescano, unitamente ad altri storici locali ricordano che era morta nel 1491 e aveva il titolo di Beata.
La sua festa era fissata nel giorno 18 ottobre.

(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beata Margherita Tornielli, pregate per noi.

*San Monone - Eremita (18 ottobre)

+ 645
Irlandese eremita a Nassogne in Belgio.
Morì lapidato da ladri infastiditi dalla santità della sua vita.
Martirologio Romano: A Nassogne nel Brabante, nel territorio dell’odierno Belgio, San Monóne, che si ritiene sia stato eremita nella foresta delle Ardenne e martire.
Nato in Irlanda nel 600, Monone (lat. Mono; fr. Monon) trascorse una gioventù senza storia in seno a una famiglia nobile e ricca. Un giorno, gli apparve un angelo e gli comunicò che Dio desiderava si ritirasse nelle foreste delle Ardenne, a Frydier, vicino alla sorgente Nasonia. Monone si mise in cammino, ma pensò di recarsi prima a Roma per ricevervi la benedizione apostolica.
Cammin facendo, incontrò il vescovo di Liegi, Giovanni l’Agnello (623-646) che, di ritorno dalla città santa, vi aveva dimenticato il suo pallio. Su sua richiesta, quindi, Monone glielo riportò. Nacque allora una viva amicizia fra i due uomini e il vescovo insistette perché il suo grande amico rimanesse presso di lui. Ben presto, tuttavia, la gelosia dei cortigiani costrinse Monone ad allontanarsi e, ricordando la visione, si recò a Nassogne dove Si costruì un romitorio.
La presenza del santo fu in breve nota e la sua pietà attrasse molti fedeli che egli chiamava con una campanella, miracolosamente scoperta da un maiale in quel luogo deserto. Alcuni ladroni dei dintorni, però, disturbati dall’andirivieni incessante dei pellegrini, uccisero a sassate il santo eremita.
Il vescovo Giovanni fece costruire un oratorio sul luogo del delitto e ordinò ai canonici di Huy, di Amay di celebrarvi la Messa. Più tardi Pipino figlio di Carlo Martello, mentre cacciava nella regione di Nassogne, si interessò all’oratorio e donò ai canonici il suo berretto d’oro guarnito di pietre preziose e, a titolo di prebenda, una parte delle decime di sua spettanza percepite tra l’Ourthe e la Mosa. Questa è la leggenda di Monone, di cui possediamo due redazioni anonime. La prima (Vita brevior) sarebbe stata redatta alla fine del X secolo o agli inizi del secolo XI. Si tratta di un sermone redatto per la festa del Santo, comprovato dall’esordio: «Secundum nostri sereno ariditatem». L’altra redazione (Vita fusior), che è seguita due inni in onore di Monone, si pensa risalga a dopo 980, poiché cita Erigerò, ma prima del 1055 perché all’epoca della sua redazione il clero di Nassos riconosceva ancora i diritti abbaziali di Sai Hubert.
Van der Essen ha dimostrato che esiste una relazione letteraria fra queste due versioni e cita la seconda, «opera di rimaneggiatore», sarebbe soltanto una ripresa amplificata della prima. I racconti seguono il medesimo ordine nell’esposizione dei fatti, ma l’autore della Vita fusior riferisce diversi particolari omessi nella Vita brevior, specialmente la descrizione dell’Irlanda secondo Beda, la storia di Pipino secondo il Liber historia, la leggenda di San Lamberto e di Alpaide, concubina di Pipino. I due scritti riferiscono l’insediamento fatto dal vescovo di Liegi dei chierici incaricati di servire la chiesa di Nassogne, ma la Vita brevior erra dicendo che venivano da Amav.
Nelle biografie di Monone noi ritroviamo molti temi propri alle Vitae irlandesi: la visione dell’angelo che indica il luogo in cui Monone dovrà risiedere, il pellegrinaggio a Roma, il maiale che scopre la campanella, l’eremitismo, molto praticato in Irlanda fin dagli inizi del monachiamo. Ouesto. tuttavia, non prova l’origine irlandese di Monone che è messa seriamente in dubbio dal Kenney.
Parrebbe piuttosto che auesto santo sia stato uno di quegli eremiti «che devono la loro popolarità ad una fine tragica, di cui è difficile provare la realtà».
Nessuna fonte degna di fede fornisce indicazioni sulla vera personalità del nostro martire.
Solo Erigero lo ricorda come uno dei buoni discepoli di Giovanni l’Agnello «... e quibus (discepoli) accepimus beatum scilicet Mononem responsis sub co ecclesiasticis instante perfectum exhibuisse martyrium», ma confessa, peraltro, di aver tratta la storia di Giovanni dalla sola tradizione. Valendosi di reperti toponimici e archeologici si può avanzare la tesi che il luogo dove il santo eremita si era stabilito, chiamato Frydier, fosse consacrato al culto di Freyr, uno dei tre dèi della triade scandinava che presiedeva al dissodamento del terreno e all’agricoltura. Forse Monone aveva abbattuto gli idoli e i loro altari e ciò aveva causato la sua fine.
In quanto alla campanella ritrovata dal maiale, essa non sarebbe che uno di quei tintinnabula che si ritrovano fra tutte le antiche rovine.
Nassogne onora Monone da molti secoli. Ancora oggi diverse località della cittadina portano il suo nome, in particolare una fontana posta presso la chiesa, una strada, antica via romana, una cappella posta sulla montagna di Caumont, un circolo parrocchiale e un caffè. Si conserva anche una lastra scolpita, chiamata «tomba di San Monone»: il santo vi è rappresentato con il maiale che porta in bocca la campanella.
Monone è stato naturalmente scelto come patrono di Nassogne, che deve la sua origine alla collegiata fondata in suo onore da Pipino di Héristal. Il capitolo, che rimase fino alla dominazione francese, possedeva un sigillo che rappresentava Monone in abiti sacerdotali, nella destra la palma del martirio e la sinistra ad indicare il cielo; accanto a lui un maiale che portava la campanella e l’iscrizione: sigillum capitoli Nassondensis. La parrocchia celebra l’Ufficio del patrono nella domenica seguente il 18 ottobre; nella domenica dopo l’Ascensione ha luogo una processione detta degli «spostamenti» (remuagés). In quel giorno si espongono alla venerazione dei fedeli le reliquie del santo: le sue ossa, la cintura e la campanella.
Questa processione si svolgeva anticamente secondo tradizioni ben stabilite. Il signore di Mirwart o il suo rappresentante si recava alla collegiata nel giorno della festa e dichiarava al capitolò che veniva ad adempiere al suo compito di avvocato. Il prevosto del capitolo pregava allora i membri dell’alta corte di giustizia di pronunciarsi sulla legittimità di questo incarico. In caso di risposta affermativa si riconosceva al signore il diritto di portare la cassa del santo durante la processione. Al ritorno, lo stesso signore domandava al prevosto se aveva adempiuto bene all’incarico. Gli alti giustizieri, cioè il sindaco e gli scabini, si pronunciavano in proposito.
Quando tutto era andato secondo le regole, il signore di Mirwart riceveva dall’abate di Saint-Hubert otto pezzi di moneta e quattro staie di avena da cui i giustizieri prelevavano una certa parte.
Nel XVI secolo il prevosto del capitolo si arrogò il diritto di autorizzare il signore a portare le reliquie e la cosa apparve come un attentato alle prerogative detenute dall’abate di Saint-Hubert. Ne risultò un processo celebrato nel 1556.
Segnaliamo ancora una confraternita di san Monone fondata a Nassogne agli inizi del XVII secolo dal principe-vescovo di Liegi (Bolla di Gregorio XV) e tuttora esistente. Monone è soprattutto invocato dalle genti della regione in casi di malattia del bestiame; è anche patrono di molte parrocchie della diocesi (Contesse, Lierneux, Vaux, Hompré e Hubermont).
Secondo il Butler esisterebbe in Scozia una Monon's kirk presso St-Andrew dove il santo è festeggiato il 24 luglio. La festa è celebrata a Nassogne il 18 ottobre.
(Autore: Michèle De Vuyst - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Monone, pregate per noi.

*San Pietro d'Alcantara (18 ottobre)

Alcantara, Estremadura, Spagna, 1499 - Estremadura, Spagna, 18 ottobre 1562
Nasce ad Alcantara, piccola città dell'Estremadura, ai confini con il Portogallo, nel 1499. A sedici anni prende l'abito da francescano, Ordine che in tutto il suo operato volle riportare al rigore della prima regola.
Durante la sua vita da l'esempio della più severa penitenza e della più dura povertà. Ma talvolta questo stile si imbatte con la resistenza di alcuni confrantelli.
Il suo rigore è testimoniato da un aneddoto in cui si narra della visita di un altro religioso che lo trovò dentro una grotta nell'orto, nudo, con addosso il solo mantelletto.
Davanti alla perplessità del visitatore il santo si scusò: «Nel Vangelo c'è scritto di avere soltanto una tunica. Ho lavato la mia pochi momenti fa. Appena sarà un po' asciugata, me la rimetterò addosso».
L'Imperatore Carlo V lo avrebbe voluto per confessore ma egli rifiutò.
Pietro morì nel 1562 non senza aver appoggiato Santa Teresa d'Avila nella sua opera di riforma delle Carmelitane, che di lui lasciò una testimonianza viva nei suoi scritti. (Avvenire)
Martirologio Romano: Ad Arenas nella Castiglia in Spagna, San Pietro di Alcántara, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, insigne per il dono del consiglio e per la sua vita di penitenza e di austerità, rinnovò la disciplina dell’osservanza nei conventi dell’Ordine in Spagna e fu consigliere di Santa Teresa di Gesù nella riforma dell’Ordine Carmelitano.
Santa Teresa d'Avila venne chiamata l''onor di Spagna'. Ma occorre aggiungere che ella divise tale onore con un suo conterraneo e contemporaneo, San Pietro d'Alcantara.
Di lui, la stessa Santa Teresa d'Avila scrisse: "Che modello di virtù era nel fratello Pietro d'Alcantara!
Il mondo d'oggi non è più capace di una tale perfezione.
Si dice che i Santi sono più deboli di una volta, e che noi non siamo più come i cristiani del tempo passato. Quest'uomo santo è stato del nostro tempo, ma il suo fervore era robusto come quello di
una volta! Così egli teneva il mondo sotto i piedi.
Che coraggio ha dato il Signore a questo santo, per fare quarantasette anni di così aspra penitenza!".
Da queste parole si capisce come San Pietro d'Alcantara fosse un uomo soprattutto di penitenza e di preghiera.
La stessa Santa Teresa accenna ai rigori in mezzo ai quali trascorse gran parte della sua esistenza: quelli dei dormire, per esempio, o meglio del non dormire; o quelli dei mangiare, o meglio del digiunare.
Pietro era nato ad Alcantara, piccola città dell'Estremadura, ai confini con il Portogallo, nel 1499.
A sedici anni prese l'abito di San Francesco e per tutta la vìta volle riportare l'Ordine al rigore della prima Regola.
Cercava di dare l'esempio della più severa penitenza e della più dura povertà. Non meraviglia se incontrò in molti confratelli un'accanita resistenza. Non tutti avevano la sua tempra di penitente.
Un giorno andò a trovarlo un religioso di un altro Ordine.
Lo trovò dentro una grotta nell'orto, nudo, con addosso il solo mantelletto. "Come mai siete vestito così poco decentemente?", gli chiese l'ospite.
Il Santo si scusò: "Oh, padre mio, leggete il Vangelo. C'è scritto di avere soltanto una tunica.
Ho lavato la mia pochi momenti fa, e l'ho stesa su quella pietra. Appena sarà un po' asciugata, me la rimetterò addosso".
L'Imperatore Carlo V, il conquistatore del mondo, lo avrebbe voluto per confessore.
Il francescano gli si gettò ai piedi, e baciandogli la mano, disse: "Vostra Maestà cercherà certamente di fare la volontà di Dio.
Se io non tornerò più, vorrà dire che Dio non ha voluto che io accettassi questa carica".
E non si fece più rivedere.
Morì, dolcemente, il 18 ottobre 1562. Santa Teresa scrisse di avere avuto più volte la visione del penitente nella gloria di quell'eterna patria celeste da lui desiderata e conquistata con la penitenza.
La Famiglia Francescana lo celebra il 19 ottobre.
(Fonte: Archivio Parrocchia)
Giaculatoria - San Pietro d'Alcantara, pregate per noi.

*Santi Procolo, Eutiche e Acuzio - Martiri di Pozzuoli (18 ottobre)

Pozzuoli, † settembre 305
Procolo diacono, Eutiche e Acuzio, martiri di Pozzuoli. Furono martirizzati il 19 settembre del 305, nel Foro Vulcano, nei pressi della celebre Solfatara, per il solo motivo, oltre a quello di essere crstiani, di aver protestato contro la condanna a morte del vescovo Gennaro e di Festo, Desiderio e Miseno.
Martirologio Romano: A Pozzuoli in Campania, Santi Martiri Proculo, diacono, Euticio e Acuzio.
La vicenda terrena dei martiri puteolani Procolo, Eutiche e Acuzio, va posizionata nel secolo IV, ed è strettamente collegata al martirio del grande e più conosciuto, vescovo San Gennaro e degli altri martiri Sosso, Festo e Desiderio.
Bisogna subito dire che i nomi dei sette martiri, compaiono più o meno in ben sette antichi ‘Atti’, ‘Passio’, ‘Vitae’, naturalmente tutti parlando in primo piano di san Gennaro, del suo famoso miracolo della liquefazione del sangue e poi delle varie traslazioni delle reliquie dei martiri, con destinazioni diverse e del loro culto in varie località.
Dei vari autorevoli documenti sopra citati, vi sono gli “Atti Puteolani” o “Acta S. Proculi”, che
illustrano le gesta del martire Procolo; questi “Atti” furono rinvenuti nell’Archivio della Curia di Pozzuoli e pubblicati per la prima volta, dal gesuita bollandista Stilting, nel 1867 a Parigi.
Non avendo la possibilità di accedere a questo Archivio, ci dobbiamo contentare di citare quanto raccontano i cosiddetti “Atti Bolognesi”, conservati in un codice del 1180, del monastero bolognese di Santo Stefano dei padri Celestini e che riporta il racconto, già molto noto prima del secolo VII.
Mentre infuriava la persecuzione dell’imperatore Diocleziano (284-305), contro i cristiani, il vescovo di Benevento Gennaro, si trovava a Pozzuoli in incognito, per non essere riconosciuto dai pagani, che allora correvano numerosi a consultare la Sibilla Cumana, la quale risiedeva nel suo antro, appunto nella vicina Cuma.
Ma comunque la sua presenza, era nota ai cristiani della zona, perché il trentenne diacono di Miseno, Sosso o Sossio, accompagnato dal diacono Festo e dal ‘lettore’ Desiderio, si recarono più volte a fargli visita con grande cautela e circospezione.
Ma i pagani però smascherarono Sosso come cristiano e lo denunziarono al giudice Dragonzio; il diacono di Miseno fu catturato ed imprigionato e poi condannato ad essere sbranato dagli orsi, nell’anfiteatro di Pozzuoli.
Il vescovo Gennaro, Festo e Desiderio, saputo del suo arresto, pur sapendo dei rischi a cui andavano incontro, vollero far visita a Sosso, per portargli il loro conforto; furono anch’essi scoperti, confessarono di essere cristiani e quindi condotti dal giudice Dragonzio, il quale visto il loro rifiuto di abiurare, li condannò alla stessa pena di Sosso.
Non si sa bene il perché, ma la sentenza “ad bestias” fu commutata dallo stesso Dragonzio, nella decapitazione per tutti.
A questo punto entrano nel racconto i tre puteolani, il diacono Procolo ed i laici cristiani Eutiche ed Acuzio, i quali protestarono vivacemente contro la condanna, mentre i martiri venivano condotti al supplizio; con la facilità e il fanatismo di allora, furono presi anche loro e condannati alla stessa pena della decapitazione, che ebbe luogo, secondo la tradizione, il 19 settembre del 305, nel Foro Vulcano, nei pressi della celebre Solfatara.
Da questo punto in poi, il gruppo dei sette martiri campani, li si ritrova nel successivo culto, a volte tutti insieme, a volte a coppie, a volte singolarmente; anche nelle catacombe dette di S. Gennaro, di S. Severo, di S. Gaudioso; essi sono raffigurati divisi e in diverse catacombe.
La storia delle traslazioni delle reliquie è ancora più complessa; quelle di s. Gennaro dall’agro Marciano presso Pozzuoli, dove sembrano che furono tutti sepolti, furono poi portate a Napoli, poi avventurosamente a Benevento, a Montevergine e poi di nuovo a Napoli.
I corpi dei Santi Festo e Desiderio, furono sepolti prima fuori Benevento, poi nell’824 nella rinnovata cattedrale di Benevento e poi nell’abbazia di Montevergine.
Le reliquie del diacono Sosso o Sossio, vennero accolte con onore nella sua Miseno, città poi distrutta dalle orde saracene nel secolo IX, recuperate furono portate a Napoli e dal 1807 sono
custodite e venerate nella città di Frattamaggiore (diocesi di Aversa).
Le reliquie di Eutiche ed Acuzio, furono conservate nel ‘praetorium Falcidii’, presso la basilica paleocristiana di S. Stefano, prima cattedrale puteolana e sembra che nella seconda metà dell’VIII secolo, furono deposte nella cattedrale Stefania di Napoli.
Infine il santo diacono Procolo, patrono principale della città di Pozzuoli, avrebbe trovato una definitiva collocazione nel tempio Calpurniano, trasformato nella nuova cattedrale puteolana.
Secondo un documento del IX secolo, forse fittizio, si dice che nell’871, i corpi di Gennaro, Procolo, Eutiche ed Acuzio, sarebbero stati portati da un cavaliere svevo nell’abbazia di ‘Angia Dives’ o Reichenau, sul lago di Costanza in Svizzera; effettivamente nel 1780 si rinvennero delle ossa, che in successive analisi ed ispezioni fatte nel 1964 a Napoli, confermerebbero che mancano alle reliquie napoletane e puteolane. Nel 1781 Pozzuoli riebbe metà delle reliquie dei tre santi puteolani.
Tralasciamo volutamente tutto il seguito che riguarda il miracolo del sangue e il culto di San Gennaro, presente nel sito con scheda propria; per completare dicendo che l’iconografia pittorica del martirio dei sette martiri è molto vasta, e se pure in primo piano vi è sempre la decapitazione di San Gennaro, intorno a lui, in attesa del loro martirio, oppure a terra già decapitati, gli autori dei quadri, hanno sempre inserito gli altri martiri; i tre diaconi Procolo, Festo e Sosso, indossano la tipica ‘dalmatica’ del loro Ordine sacro.
Questo dovrebbe portarci a credere, che il giorno della celebrazione dovesse essere il 19 settembre per tutti, invece a questa data si celebra il solo San Gennaro; il 7 settembre Festo e Desiderio; Sosso il 23 settembre; Procolo, Eutiche e Acuzio, il 18 ottobre.
Forse queste antiche date, passate poi nel ‘Martirologio Romano’, stanno ad indicare, che è probabile che siano stati martirizzati in due gruppi e in due giorni diversi.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Procolo, Eutiche e Acuzio, pregate per noi.

*Santa Teca - Vergine irlandese (18 ottobre)

Santa Teca (Tecca o Mo-Tecca o Mo-thecca) è una vergine irlandese associata a Rúscach, l’odierna località Rppskagh presso Dandalk o Rooskey nelle immediate vicinanze di Carlingford nella contea di Louth.
Su di lei non sappiamo nulla.
Conosciamo solo il suo nome perché è stato segnato nei tre martirologi, rispettivamente di Tallagh, del Gorman e del Donegal.
In questi martirologi la festa per Santa Teca è stata fissata nel giorno 18 ottobre.

(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Beato Teobaldo da Narbona - Martire Mercedario (18 ottobre)

+ 1253
Di origine francese, il Beato Teobaldo da Narbona, fu nominato redentore dell'Ordine Mercedario, nel 1253 assieme a San Ferdinando da Portalegre si imbarcò da Barcellona per Tunisi (Africa).
Il 16 ottobre dello stesso anno conclusa la redenzione nella quale avevano riscattato 129 schiavi, promisero a due mori di comprare alcuni loro schiavi, però trovandone altri specialmente molte donne e bambini con più bisogno di essere liberati, non mantennero la promessa.
Allora i due mori per vendetta andarono dal Re di Tunisi e raccontarono menzogne, in modo che il Re alla fine fece incarcerare Teobaldo, e Ferdinando che insisteva nel testimoniare l'innocenza del compagno, fu bastonato e obbligato a far ritorno in Spagna con gli schiavi redenti.
Alla fine di ottobre del 1253, dopo vari tormenti, Teobaldo fu buttato nel fuoco e poiché tardava a morire fu ucciso a colpi di pietra.
Lodando Dio raggiunse la corona dei martiri. L'Ordine lo festeggia il 18 ottobre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Teobaldo da Narbona, pregate per noi.

*Santa Zlata di Muglen - Vergine e Martire (18 ottobre)

+ 18 ottobre 1795
Santa Zlata occupa un posto di rilievo tra i martiri bulgari vittime in odio alla fede durante la lunga occupazione della patria da parte turca durata ben cinque secoli.
Nata nel villaggio di Slatino, diocesi di Muglen.
Questa ragazza, sin da piccola di rara bellezza sia esteriore che interiore, ebbe ad attraversare nella sua esistenza non poche prove e sofferenze.
Molto pia, umile, aveva un'incrollabile fede in Dio.
Un giorno un giovane turco la sorprese nel bosco mentre era indaffarata a raccogliere la legna.
La rapì dunque per proporle di sposarlo, convertendosi all'Islam.

Non solo Zlata rifiutò di convertirsi abbandonando la sua fede in Cristo, ma addirittura fece voto di verginità.
Alcune donne turche tentarono di convincerla con ogni sorta di promessa, ma neppure le torture verso i suoi familiari le fecero cambiare idea.
Ebbe a dire: “Non ho un padre se non il Signore Gesù Cristo, una madre che non sia la Santa Vergine, miei fratelli e sorelle sono i numerosi martiri per la fede cristiana!”.
Con l'aiuto di Dio Zlata sopportò ogni tortura, ma morì infine impiccata il 18 ottobre 1795 ed il suo corpo fu fatto a pezzi dai turchi.
Nell'anniversario del suo eccidio è celebrata la sua festa presso la Chiesa Ortodossa Bulgara.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Zlata di Muglen, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (18 ottobre)

*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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